lunedì 24 giugno 2013

Mentre esco dalla Cgil dove con una firma interrompo felice il mio rapporto di lavoro, mi arriva la notizia della condanna a Berlusconi Silvio, passa una bella canzone alla radio e il cielo mi sembra bellissimo.
(questo lo status sfogo scritto su un social network nel pomeriggio. Continua.) 

Perché oggi proprio questo è successo: ho chiuso definitivamente con il mio ultimo lavoro, l'ultimo di una lunga serie.
L'ultimo, faticoso, impegnativo, difficile, logorante, meraviglioso e soprattutto "a progetto", lavoro:
laboratori teatrali nelle scuole materne: un anno passato tra 8 scuole su tutta Roma, una media di 3 classi a scuola, 24 classi , 25 bambini a classe, 3 maestre.
Fatevi un conto, anzi no, lasciate stare.
Che tanto non riuscireste comunque a visualizzare visini, occhi, abbracci, pianti, musi, morsi "maestra, lo sai che mamma m'ha morso", nodi alla gola, emozioni.
Anno reso ancor più speciale dalla decisione, presa a gennaio, di espatriare.
E così, a fine anno scolastico arriva la lettera di conciliazione, in cui dichiaro di non avere nulla da pretendere dalla bla bla bla s.p.a. e mentre da un lato so che la loro non è una procedura estremamente corretta, che comunque non ho mai lavorato davvero a progetto, che avevo orari da rispettare e giorni e recuperi, dall'altra so anche che conoscevo bene il contratto porcata (mai avuto altro in vita mia) e quindi NO, la vertenza non l'avrei comunque fatta. Inoltre, a mo' di contentino forse, ma non  dovuto e nemmeno aspettato, hanno avuto l'accortezza di arrotondare lo stipendio di qualche centinaia di euro e allora 
forse sbagliando ma non voglio, non riesco a partire e lasciare un contenzioso aperto, voglio lasciarmi alle spalle questa e tutte le cose brutte che mi hanno fatto decidere di andare via dall'Italia.

Quindi oggi con una firma formale, un abbraccio molto informale e qualche soldo in più in tasca (ovviamente pochissimo rispetto a ciò che avrei meritato) esco da un palazzo dietro Piazza Vittorio e guardo il cielo che è bello e nuvoloso.
 Con una luce che sembra quasi un tramonto ma ancora non lo era davvero, uno di quei cieli che vorresti solo fotografare.
Salgo in macchina e dalla radio parte una canzone bella.
Mi collego su facebook dallo smartphone che, lo vogliamo negare? ormai  è un automatismo  e leggo "condannato".
Alzo gli occhi, il cielo è sempre lì bello come prima anzi forse leggermente di più ora che le nuvole lasciano filtrare quel raggio di sole che cambia tutto, la canzone fortunatamente era appena iniziata (e che c'è di meglio di beccare una canzone alla radio quasi dall'inizio?) me la ascolto tutta e respiro. 
Mi infilo nei polmoni un pezzo di vita nuova.
Che prova ad essere addirittura giusta.
E pulita.




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