domenica 30 giugno 2013

Finalmente le lacrime.

(lacrime in tedesco si dice tränen)



Ho sempre sofferto di un'emotivitá strana. Empatica fino a stare male per un'espressione umiliata di uno sconosciuto per strada, malinconica sempre, nostalgica di  cose mai avute. O mai accadute.

Il trasferimento ha complicato la mia emotività. Ho pregato, a volte imposto a sorella, amiche, amici e madre di non lasciare  spazio alla tristezza, per la mia partenza. Richiesta egoistica, naturalmente, che vedere loro star male mi avrebbe messo di fronte a quel fondo di tristezza rinnegata. Quasi derisa, "che non serve e siamo a due ore d'aereo".

Poi il lavoro quasi fino all'ultimo, le cose da fare, l'emozione, il trasloco, la fatica, il viaggio, l'arrivo, lo stordimento. Questi tre giorni qui da turisti accampati tutti in questo monolocale.

E poi stamattina mio padre é tornato a Roma ed é bastata una sua lacrima intravista da dietro gli occhiali, la faccia contrita che é la stessa mia di quando non posso parlare che sarebbero solo smorfie e poi singhiozzi, l'andarsene in fretta e furia con un bacio fugace e quasi niente da dire ed ecco sciogliersi tutto. Ecco le lacrime.
 
 La porta si chiude ed io rimango in cima alle scale con le mani davanti la faccia e non le trattengo più, che all'improvviso é diventato stupido farlo. Ora posso piangermi tutte le lacrime del mondo. Senza paura di far preoccupare nessuno, 'che non c'é da preoccuparsi.

Perché quelle lacrime sono solo amore, speranza, nostalgia, goia, tristezza, fiducia, paura. Sono tutto quello che siamo.

E nonostante il mio cuore abbia ora un piccolo pezzo in meno, sono contenta di aver intravisto quella lacrima mal celata dietro gli occhiali da sole, stamattina.



sabato 29 giugno 2013

Non terró mai un diario di bordo.

Radio in tedesco si dice radio, proprio come in italiano.

 E dopo kilometri e kilometri di macchina mi sono resa conto che proprio lei é stata l'artefice del primo shock culturale. Ore di canzoni che arrivavano da uno zapping frenetico col quale cercavo di non cedere al sonno e ad ogni incipit pensare di aver riconosciuto il pezzo, e invece no, é solo un pezzo tedesco che presenta qualche assonanza. E a sembrarti familiarei sono Adele, gli Editors, musica dance an7ni '90. E basta. Nient'altro. Né un odioso Cruciani, né un monocorde Linus. La radio.

 Che poi a dirla tutta, mi sento come se fossi impazzita e avessi deciso di fare 4ore di lezione di step perché un trasloco dal quarto piano senza ascensore a questo é paragonabile. Fatto in due, con la prospettiva di avere davanti 1500 km da affrontare, di notte. Quindi dopo la sessione "morte nera" di step metti il culo in macchina e ci trascorri 20 ore, il tempo che l'acido lattico si solidifichi ben bene. Le solite organizzazioni e scelte oculate. E dopo 5, 6 soste e tanti caffé si arriva. E si aprono le danze... Col panico da plakette auto, da parcheggio e da "dove lasciamo la macchina che ci ha scarrozzati" e poi scarica, pensa ai cani che ormai sono esauriti, entra a casa. Carina, casa. Un monolocale nemmeno troppo piccolo che sono certa farà il suo dovere. Per ora è un campo di battaglia perché dormiremo tutti qui per tre notti. Ma noi ci adattiamo. Dobbiamo solo ricordarci che dalle 22.01non si fiata, 'che i vicini mandano direttamente la polizei e quelli arrivano pure e ti entrano in casa chiedendo il permesso ma grossi come armadi e con l'aria di chi si aspetta di trovare un covo di narcotrafficanti messicani che preparano dosi di coca. La faccia che hanno fatto trovando una famiglia di italiani e una canna d'erba non la dimenticheró facilmente. Nemmeno lo spavento provato. Poi, per chiudere, non so quanto sopravviveró in una cittá dove il bus o la metro non si aspettano mai per piú di 5 minuti. Secondo shock culturale.

lunedì 24 giugno 2013

Mentre esco dalla Cgil dove con una firma interrompo felice il mio rapporto di lavoro, mi arriva la notizia della condanna a Berlusconi Silvio, passa una bella canzone alla radio e il cielo mi sembra bellissimo.
(questo lo status sfogo scritto su un social network nel pomeriggio. Continua.) 

Perché oggi proprio questo è successo: ho chiuso definitivamente con il mio ultimo lavoro, l'ultimo di una lunga serie.
L'ultimo, faticoso, impegnativo, difficile, logorante, meraviglioso e soprattutto "a progetto", lavoro:
laboratori teatrali nelle scuole materne: un anno passato tra 8 scuole su tutta Roma, una media di 3 classi a scuola, 24 classi , 25 bambini a classe, 3 maestre.
Fatevi un conto, anzi no, lasciate stare.
Che tanto non riuscireste comunque a visualizzare visini, occhi, abbracci, pianti, musi, morsi "maestra, lo sai che mamma m'ha morso", nodi alla gola, emozioni.
Anno reso ancor più speciale dalla decisione, presa a gennaio, di espatriare.
E così, a fine anno scolastico arriva la lettera di conciliazione, in cui dichiaro di non avere nulla da pretendere dalla bla bla bla s.p.a. e mentre da un lato so che la loro non è una procedura estremamente corretta, che comunque non ho mai lavorato davvero a progetto, che avevo orari da rispettare e giorni e recuperi, dall'altra so anche che conoscevo bene il contratto porcata (mai avuto altro in vita mia) e quindi NO, la vertenza non l'avrei comunque fatta. Inoltre, a mo' di contentino forse, ma non  dovuto e nemmeno aspettato, hanno avuto l'accortezza di arrotondare lo stipendio di qualche centinaia di euro e allora 
forse sbagliando ma non voglio, non riesco a partire e lasciare un contenzioso aperto, voglio lasciarmi alle spalle questa e tutte le cose brutte che mi hanno fatto decidere di andare via dall'Italia.

Quindi oggi con una firma formale, un abbraccio molto informale e qualche soldo in più in tasca (ovviamente pochissimo rispetto a ciò che avrei meritato) esco da un palazzo dietro Piazza Vittorio e guardo il cielo che è bello e nuvoloso.
 Con una luce che sembra quasi un tramonto ma ancora non lo era davvero, uno di quei cieli che vorresti solo fotografare.
Salgo in macchina e dalla radio parte una canzone bella.
Mi collego su facebook dallo smartphone che, lo vogliamo negare? ormai  è un automatismo  e leggo "condannato".
Alzo gli occhi, il cielo è sempre lì bello come prima anzi forse leggermente di più ora che le nuvole lasciano filtrare quel raggio di sole che cambia tutto, la canzone fortunatamente era appena iniziata (e che c'è di meglio di beccare una canzone alla radio quasi dall'inizio?) me la ascolto tutta e respiro. 
Mi infilo nei polmoni un pezzo di vita nuova.
Che prova ad essere addirittura giusta.
E pulita.




sabato 22 giugno 2013

Traslochi

3 traslochi in 6 anni di vita di coppia.
4 se aggiungo quello che mi ha portato a vivere da sola.
5 se contiamo l'Erasmus ma, come detto, l'Erasmus non conta quindi non lo conteremo.

Tutti traslochi fatti superficialmente -la prima volta lasciando un sacco di cose a casa dei miei, ad esempio-
oppure di corsa, come quando scappammo nottetempo dalla casa che all'epoca condividevo, inizialmente solo con un'amica -divenuta nel giro di anni un soggetto dal quale tenersi alla larga- e successivamente anche con la sua ragazza;
 fuga funzionale al non finire con qualche lite terribile, faticosa ed inutile oppure peggio, vista la stabilità mentale che aleggiava in quelle quattro mura.

Quindi non ci fu tempo di selezionare cosa portare e cosa no: sacchi neri e via nella notte. Manco fossimo ladri.

Poi ci fu l'ultimo, quello che ci portò a spostarci da quella casa enorme ed economica in culo al mondo a questa: esosa, carina, colorata, dalle giuste dimensioni, piena zeppa di energia positiva in un quartiere che abbiamo adorato fatta eccezione per la mancanza di marciapiedi e di posti auto.
Trasloco fatto mentre lavoravo e per giunta nel periodo di Capodanno e quindi pure lì, si butta proprio quello che salta agli occhi e poi si porta tutto via dicendosi: "poi vedremo a casa nuova", sapendo che no, non vedrai proprio niente e che rimarrà tutto lì in scatole e scatole di polverosi ricordi sull'utilità dei quali ciclicamente ti interroghi e ti interrogherai.


Poi hai il tempo di fare un trasloco in modo un po' più accurato ed anche la necessità, visto che si espatria, e allora ti metti lì e apri dei varchi spaziotemporali.

Escono fuori lettere proprio di quelle scritte carta e penna, fotografie di quando ero piccola in braccio ad una giovanissima mamma nel cortile di casa di nonna, foto in cui non si vede quasi niente, sfocate, scure ma tu ricordi lo stesso il campo scuola in prima media o le vacanze in Sardegna con la famiglia e una femminilità che inizia a sbocciare. 

E pure un bacio che però non ricordo se dato davvero o solo immaginato.
Il ceffone di mio padre per quella fuga notturna invece lo ricordo, quello non fu solo immaginato.

Le lettere che mia sorella mi spediva in Spagna, quelle che mi scriveva dalla stessa camera pregandomi -se vabbè, pregandomi...- di non rispondere che "non c'ho voglia di parlare, semmai scrivi" ma nelle quali si voleva comunque scusare per qualche scazzo o rispostaccia. 
La nostra meravigliosa routine. Sempre e per sempre.

Le lettere delle amiche di sempre, di quelle nuove, di quelle perse e ritrovate, di quelle perse e basta.

Il primo lavoretto della mia vita, una letterina a nonna.

Le lettere di qualche specie d'amore, a modo suo magari.

Biglietti. Mamma mia quanti biglietti: concerti, treni, cinema, teatri. 

E un po' di cose le ho buttate e un po' le ho preparate al viaggio e l'ho fatto forse anche in modo casuale. 
Che chiedermi di scegliere tra ricordi sarebbe troppo.




Me piccola chiusa in una scatola di ricordi.


martedì 18 giugno 2013

Turbinio...


 ...di emozioni indefinibili.

Diverso da tutto quello che ho vissuto fin'ora, com'è giusto che sia.

L'unica esperienza simile a quella che mi sta aspettando risale al 2003: Erasmus in Spagna.
Nemmeno di quei giorni ricordo la spensieratezza, 'che con me non sarebbe venuta la rassicurante carta di credito di papino, ma pochi spicci e sapevo bene che non sarei potuta resistere a lungo.
6 mesi, senza proroghe. Il tempo di imparare un po' di spagnolo, dare qualche esame, divertirmi, fare amicizia e via...
Ma furono 6 mesi pieni, molto pieni, tanto che tornai soddisfatta ed appagata, per niente controvoglia. Ricordo ancora che stracciai il foglio per la richiesta di proroga senza pensarci due volte.
Via.
Ma allora, pur non avendo spensieratezza universitaria, avevo 10 anni in meno ed ero sola e con un biglietto aereo di andata/ritorno.
Niente di paragonabile a tutto questo.


Mentre scrivo sono circondata da scatoloni, scotch, fogli di giornale e sempre il solito pensiero: " ma quante cose si accumulano con gli anni? E sopratutto, perché?" Ci aiutano forse ad affrontare le dure giornate, ci aiutano a trovare un lavoro, tutte 'ste cose? A pagare le bollette? Ci consolano quando stiamo giù?! Boh, forse sì.


Meno una settimana e un giorno, per dirla alla Bennato e ogni giorno c'è un saluto che non è un saluto "dai tanto ti pare che da qui al 26 non ci rivedremo?!" e questo con decine e decine di persone tanto che la razionalità si affaccia e sussurra:  "E no che non vi rivedrete. Tenuto conto che le giornate sono di sole 24 ore. Non vi rivedrete almeno nei prossimi mesi." Che poi, quante volte passano mesi senza vedere amici ed affetti cari, pur vivendo nella stessa città, se la città è Roma e le giornate da affrontare sono come quelle mie e di molti di questi amici ed affetti cari? 

Eppure...

il turbinio di emozioni non accenna a placarsi.


domenica 16 giugno 2013

3...2...1...

[Come quando per trovare il coraggio di uscire con un fidanzatino, da piccola, devi prima lasciare l'altro.
Almeno a me succedeva così.]


Ed ecco, ora che dopo tanti anni ho scritto l'ultimo post sul vecchio blog, l'ho salutato, gli ho spiegato i motivi di questo cambiamento, finalmente mi sento libera di scrivere qui.

Si avvicina il giorno della nostra partenza e domani,

che mi alzerò senza dover prendere la macchina per raggiungere una scuola dall'altra parte di Roma ed allestire lo spettacolo e calmare i bambini e placare le paranoie delle maestre e tenere a bada le ire immotivate della capa (capa? Ex capa, grazie) e cantare, ballare, saltare, giocare con loro e poi salutarli ed augurargli buona vita...domani, che mi alzerò con calma, porterò fuori Blu, farò dei giri e poi raggiungerò mia sorella in una Spa (da non crederci)...


forse mi renderò conto che sì: sono libera. 

Libera e in attesa di raggiungere la mia nuova vita.
Mi renderò conto che mancheranno solo 9 giorni. Solo una settimana e due giorni.

A cosa bene non si sa.

Di certo ci sono una macchina, un furgone pieno delle nostre cose, noi due, loro due (i canetti), uno zio e un padre pronti ad accompagnarci, 1.600 km ed un cognato ad aspettarci.



"nel mezzo c'è tutto il resto
e tutto il resto è giorno dopo giorno
e giorno dopo giorno è
silenziosamente costruire
e costruire è sapere e potere
rinunciare alla perfezione -N. Fabi- "




Questa è la Berlino che ho vissuto 2 anni fa...

...quando quella del trasferimento era solo un'idea. Ed anche molto vaga.

http://turistipercaso.it/berlino/63114/insomma-berlino.html

East Side Gallery