domenica 29 settembre 2013

Primo lavoro a Berlin.

Che poi quella telefonata l'ho fatta.
Quella per il lavoro: col foglietto davanti e quattro frasi preparate e la speranza di capire quello che mi sarebbe stato risposto dall'altra parte del telefono.
L'ho fatta durante la pausa caffè a scuola con qualche adorabile stronzo dei miei compagni di classe (spero nuovi amici) che mi prendeva in giro per qualche accento messo male e per la mia proverbiale gambetta balleria ed agitata.

L'ho fatta ed ho ottenuto un appuntamento per il giorno stesso.
Ed una prova da lì a due giorni.

E che soddisfazione il solo fatto di esserci riuscita.

Certo, non sarà certo il massimo che offre la piazza pulire a cottimo stanze di albergo: più stanze fai e più guadagni ma l'ambiente sembra piacevole, la gente simpatica e poi è un modo per parlare tedesco fuori dalle mura di scuola.


Mi do ancora qualche giorno per capire se e come aumentare il numero di stanze fatte in un'ora perché altrimenti, ovvio, il gioco non vale la candela.
Ma per ora e per un po' sarò in ballo e quindi ballerò.


Stanze in cui entri e ti arriva prepotentemente contro l'odore di chi ne è appena uscito, odore a volte piacevole, a volte meno.
Odore denso di respiri, di vestiti sporchi, di lenzuola stropicciate.
Oggi è stata la volta dei salutisti: barrette, scarpe da ginnastica, tute, integratori e poi, casualmente dietro alla tv, un pacco di cioccolatini.
Frutta e pasta integrale. Giornata di maratona a Berlino e quindi anche nell'albergo. 
Perché l'albergo è vicino ad Alexander Platz e Berlino per i turisti è Alexander Platz.


Mi piace? Sì, mi piace vedere il mio Chef che piega il piumone in quel modo delizioso ed il letto dopo è bellissimo. E lui è iraniano oltre ad essere giovanissimo ed un anno fa non aveva idea di come si pulisse una stanza ed ora è perfetto.

E gli origami con la carta igienica.
E gli asciugamani piegati tutti nello stesso modo.

E gli aggeggi per lucidarsi le scarpe ad ogni piano.

Inutile dire quanto siano apprezzate due parole in tedesco, quanto gli faccia piacere vedere la buona volontà di imparare questa difficile lingua. 

Sono stanca, finalmente dopo tre mesi sono di nuovo stanca fisicamente.
Che strana perversione è quella che mi rende felice di essere stanca fisicamente?





martedì 24 settembre 2013

Pioggia nebulizzata.

Avete presente Berlino?
Avete presente il suo Muro?
 Quello che è stato buttato giù ma ancora c'è, invisibile, e percorre in quel modo strano tutto la città?
Avete presente la "striscia della morte"? Quel pezzo di terra che non era né di qua né di là ma che se venivi sorpreso lì c'erano i fucili a sparare?
Ecco in una di quelle strisce della morte, a Mitte, c'è oggi il Mauer Park.
Il più grande? Non so, forse...di certo il più figo (almeno credo) Flohmarkt (mercato delle pulci) di Berlino.

Ci si trova di tutto: cibi, scarpe, vestiti, biciclette, suppellettili. E poi gente che suona ed un grande e partecipatissimo karaoke. E la cosa più figa è che chiunque può andare a vendere quello che vuole.
E allora ci abbiamo provato, io e una mia compagna di corso abbiamo preso un po' di cose che non indossiamo più o di cui vogliamo disfarci, collane e borse fatte a mano da lei, un tavolo, due sedie e siamo andate.
Ci siamo trovate un posticino e abbiamo iniziato a sistemare tutto, poi è arrivata una signora e ci ha chiesto i soldi: 8 euro al mq, abbiamo pagato e fine.

 Zero domande.
 Zero carte.
Zero permessi. La semplicità.


 Al di la di questo, la scuola prosegue a ritmo serrato. E a metá ottobre dovró sostenere un esame per passare dal livello A1 al livello A2, e mi sembra anche giusto dato che alla fine del corso superato l'esame, mi verrá restituitá la metá di quanto pagato fin'ora.


Mi piace, questa lingua complicata. Mi piace questo suono che diventa ogni giorno piú familiare, mi piace contare le parole che riesco a capire ascoltando le persone sul tram e notare che sono sempre di piú, ogni giorno di piú.


 Sul social network piú famoso del mondo mi é stata mossa una critica: racconto troppo di me e, probabilmente, con toni troppotroppo entusiastici ma d'altra parte, se uno ha tanto da raccontare perché non farlo?! C'é sempre l'opzione "non leggere" ma mi rendo conto che deve essere una tentazione irresistibile, quella di sbirciare nelle vite delle persone per poter trovare quel "qualcosa che non va", utile a farci sentire meglio.

Argomenti tristi questi, di poco peso rispetto all'enormitá dell'esperienza che sto vivendo, ma del resto sará la superficialitá a salvarmi.

 Ah, sto cercando un lavoretto, tipo pulire stanze d'albergo, roba da due giorni a settimana mentre finisco il corso di tedesco. Ed ho un discorsetto scritto a penna pronto per quando questa tipa si deciderá a rispondermi al telefono.

 Perché no?!

domenica 8 settembre 2013

Sogno di una notte di fine estate.

I ricordi che ho sono sbiaditi ma tutti gradevoli.
Un prato, gente rilassata, arietta fresca sulle braccia ancora nude.
Volti amichevoli, tra i tanti amici veri: mia sorella, la sua amica, il di lei fidanzato.
Senza starmi a dare troppe spiegazioni mi propone un gioco, un'esperienza e io non trovo motivi per dirgli di no.
Sarai cosciente ma non consapevole o consapevole ma non cosciente, non mi ricordo, vedrai e sentirai tutto ma non riuscirai ad impedire che tutto accada. Sarai lì ma naturalmente anche altrove e ti piacerà.
Mi ricorda tanto uno di quegli scherzetti che, tempo fa, mi tirava il sonno.

Ronzio, ronzio, ronzio. Paralisi. Voglio svegliarmi ma non ci riesco, tutto intorno a me prosegue e io sono prigioniera del mio sonno. Sveglia.
Nessun pericolo di vita imminente ma la sensazione di non essere padrona delle mie azioni, del mio sonno e della mia veglia, del mio corpo.

E siccome ad un certo punto ho imparato a riconoscere le avvisaglie dello scherzetto e a rimandarlo, evitarlo, fino a farlo sparire ecco che ora un po'mi manca e questa cosa che mi sta proponendo S. mi ricorda il mio vecchio gioco di gioventù.

Vai, sono pronta: S. prende una siringa e mi inietta il contenuto nel collo. Dall'odore sembra alcool puro, penso un attimo prima di andare. La partenza è immediata e l'effetto è quello temuto, desiderato, voluto: sono lì, vedo tutto, mi accorgo che mi stanno stendendo a terra ma non posso fare -nè probabilmente voglio- nulla.


Ora io non so dove abbia trascorso quei minuti, quale universo abbia esplorato, quale vita parallela sia andata a vivere, chi di voi abbia incontrato e sotto quali forme, cosa sia andata a sistemare e perchè. Se ci sia davvero riuscita. Quanto tempo abbia vissuto di la. Perchè quelli che di qua possono essere venti minuti, di la, si sa che possono essere venti anni.

Esattamente come l'Olivia di Fringe riemergo respirando forte. Come se avessi trattenuto il fiato. Sono tornata, posso svegliarmi.

sabato 7 settembre 2013

La routine.

E così pare davvero essere questa la mia routine.

Almeno sarà questa fino a che non inizio a lavorare e non che io non voglia lavorare, sia chiaro, solo che sto studiando molto intensamente e per UNA volta, UNA, voglio provare a fare UNA cosa alla volta, UNA. 
Perché è proprio questa la vera differenza tra prima e adesso. Tra qui e . Che qui posso permettermelo. 

Quindi, dicevamo, questa è la mia routine e mi piace tanto ed è abbastanza evidente: mercoledì ho finito il corso A1.1 e mi è sembrata una grossa vittoria, 100 ore in cui ho parlato, ascoltato, letto soltanto in tedesco cosa che solo un mese fa non avrei mai pensato possibile. Due giorni di stop e da lunedì si ricomincia con A1.2 e non sto nella pelle. 
Che se avessi studiato con tanta passione al momento giusto, adesso avrei quattro lauree e una cattedra all' Università. Non italiana probabilmente.

E poi il parco con le nuove amiche, una bottiglia di vino e raccontarsi di com'è la vita in Israele che fino a che non hai fatto il militare sei proprietà dello Stato e non sei una persona libera e mentre ti racconti in una strana lingua che non sai nemmeno tu bene quale sia, ti soffermi a sorridere davanti allo spettacolo di 5 bambinetti scalzi&biondi che ballano al ritmo di percussioni suonate da uomini con cani che raccolgono vuoti a redere che in Italia sarebbero meglio conosciuti come barboni o, se proprio sei tollerante&figo, punkabbestia.
E i genitori dei biondi&scalzi stanno lì e ballano pure loro e sorridono e sono tutti felici e con quell'aria assolutamente normale e distesa.

Proprio come il settantenne tuttonudo al lago che nessuno ha guardato per più di due secondi né tantomeno con aria infastidita e/o imbarazzata.
E io, arrossendo un po', non sono riuscita a non guardarlo di sottecchi e con un po' di imbarazzo, un paio di volte. 

IO, cittadina del Mondo. IO, donna libera. IO, che alla fine sempre all'ombra der Cuppolone sono nata e di uomini nudi al parco ne ho visti ben pochi. Diciamocelo.

E  poi la discoteca in cui il buttafuori ti chiede i documenti e tu perplessa gli chiedi: "cosa?!?!! Ma ho TRENTASEIANNI!" che documenti?! E alla fine glieli dai e gli vuoi pure un po' di bene, per quella botta di autostima.

E lo spicchio di sole delle 19 al parco di Rosenthaler e in tutti, tutti i parchi, in cui ci si fa più vicini per goderne, di quei raggi, fino alla fine.

Il macho turco che posso aiutarti? ad aprire la bottiglia di vino intende, e tu, in tedesco no, grazie è facile, e lui, no, non è facile e si mette, poverino, ad armeggiare con un cavatappi su un tappo che - come avevo ben visto e appositamente scelto- è a vite. E cosa avreste fatto voi?
Io l'ho lasciato fare e credere, voltando lo sguardo dall'altra parte, per evitare di vederlo affannato ed in difficoltà nel rendersi conto di aver fatto una cazzata.
E alla fine, quando l'ha svitato l'ho guardato di nuovo, ringraziandolo, per giunta. 
Soprattutto dello spettacolo divertente.

Il tram alle dieci di sera che sembravano un po' le otto e un po' le quattro di mattina.

La sensazione di avere tutto tra le mani. Tutto quello che l'Italia mi stava, giorno dopo giorno, in modo quasi impercettibile togliendo.
Perché quando torni a respirare a bocca aperta, ti rendi conto di quanto tempo sei stata in apnea. E di quanto fossi pericolosamente vicina al diventare cianotica.

 





domenica 1 settembre 2013

Frustrazioni linguistiche ed un Erasmus 10 anni dopo.

Quaderni, foglie quasi gialle, calendari, diari, foto da stampare dell'estate, no questo forse  solo anni fa.
 Programmi, corsi, buoni propositi, Capodanno insomma.
Settembre è sempre stato Capodanno per me.
Nella mia precedente vita però. Non ora, non qui (cit.)
Qui è tutto in corso d'opera, qui è quasi autunno, vado a scuola da un mese e tra tre giorni finirà il primo modulo ed inizierà il secondo, ci sono ancora belle giornate ma intervallate da giorni come quello di oggi in cui nuvole e vento ti danno la percezione di quello che succederà per i prossimi, lunghi, mesi.

E per ora l'unico dispiacere è la bicicletta, con la quale sto facendo pace e che mi piace da morire: l'idea di unire un mezzo di trasporto ad un'attività fisica mi esalta.
E fino a che il tempo me lo permetterà, ne approfitterò.

Nella mia vita precedente, domani sarebbe con molta probabilità il primo giorno di lavoro, una ludoteca o dei giorni trascorsi a pubblicizzare i laboratori di teatro, tra il traffico che si chiama sono tornati tutti e un acquazzone che odora ancora di estate. E invece domani m i  aspetta una nuova scuola, con lo stesso gruppo già formato e molto affiatato e le insegnanti fantastiche.
Gruppo di tutte le età e nazionalità nel quale, come è ovvio, si è formato un sottogruppo di persone più affini per età, gusti, voglia di fare nuove amicizie e magari rilassarsi dopo scuola bevendo qualcosa o fumando una sigaretta.
E nel confortevole mezzo di questo gruppo di persone c'è un bel posto pure per me, che mi sembra di conoscerli da tempo, che mi sembra di conoscere le loro paure, i loro desideri, perplessità.
Che mi sembra di conoscere la loro voglia di comunicare, capirsi, raccontarsi, vivendo questo strano periodo in cui siamo adulti ma, per qualche strano motivo, possiamo prenderci il lusso di vivere come ragazzini.

Ognuno con le proprie famiglie, mariti, mogli, figli, pensieri, preoccupazioni, nostalgie, dubbi.

L'unica frustrazione è quella linguistica, perchè questo inglese che fa da collante non lo conosco così bene da permettermi di affrontare un certo tipo di discorsi, intimi, delicati, importanti.

Come quando la ragazza israeliana mi stava raccontando dei suoi due anni di servizio militare obbligatorio e della sua repulsione per le armi. Ecco lì ho ringraziato la mia empatia per aver in qualche modo sopperito alla mancanza di fluidità di parole. Che poi, a ben pensarci, forse è stato anche meglio così. Perchè su quello che ho letto nei suoi occhi o sul modo di saltare in aria per un rumore apparentemente stupido, su quello non ci sarebbe molto da dire.
Per tutto quello che è al di sotto di questo livello di importanza invece, ci si capisce benissimo. Avete mai desiderato tornare a scuola ma con la testa di adesso?! Io sì.
E si è avverato.