martedì 7 ottobre 2014

Eloise





La signora che paziente attende il suo turno in pasticceria si chiama Eloise.  O almeno è il modo in cui si fa chiamare negli ultimi 20 anni.
I capelli che iniziano ad ingrigirsi lei li tiene raccolti in un anonima crocchia pur di non rinunciare al vezzo di tenerli lunghi, infatti se li scioglie le arrivano quasi al sedere.

L'unico segno particolare che aveva e cioè un neo sotto l'occhio, se lo fece rimuovere anni fa.
Insinuò nel dermatologo il dubbio che potesse essere brutto, gli raccontò di come sua madre fosse morta proprio di melanoma alla pelle ed in questo modo riuscì ad ottenere quell'intervento.

Non ha più amici se si esclude il fioraio, con cui beve qualche innocente the il lunedì pomeriggio quando torna dall'incontro di lettura con quelle vecchie noiose, o meglio, lei le vive come tali pur essendo in realtà sue coetanee, quelle vecchie che leggono sempre brani di un amore banale e lontano o se proprio vogliono trasgredire qualche passo di Grishman.

Per tanti anni non ha avuto più contatti con la sua unica famiglia, qualche anno fa la sua unica nipote riuscì sorprendentemente a trovarla, lei negò per mesi di essere davvero la nonna, le diceva con voce dolce e rassicurante: "signorina, si sbaglia. I miei nipotini vivono in Francia" ma quando poi vide nello sguardo la determinazione e la rabbia che le ricordarono la lei di tanti anni fa, si arrese.

Per fortuna quella ragazza non aveva preso niente da quello stupido del figlio.

La nipote non le chiese mai perché avesse cambiato città ed identità e lei, del resto, non aveva nessuna intenzione di dirglielo.
Ma le faceva piacere ricevere quelle, fortunatamente rare, visite.


È stanca di scappare, di cambiare identità e colore dei capelli e la paura inizia pericolosamente ad affievolirsi, anche se è sempre con lei. E pensandoci bene, non saprebbe dire se la paura più grande sia quella di essere riconosciuta come l'autrice dell'omicidio di tre uomini o quella di venire punita per quello che ha fatto, magari da Dio, sulla cui esistenza ha ancora qualche dubbio.

Odia la vecchiaia, la fa sentire debole. Vorrebbe essere ancora quella giovane donna di un tempo: bella, sicura di sé, che non si fermava davanti a niente a nessuno e non questa versione di sé stessa rattrappita, timorosa, inaridita e grigia.


È quasi il suo turno, sorride paziente alla lentissima commessa e nel farlo tira fuori dalla tasca una collana con un ciondolo a forma di croce.
È il feticcio che l'accompagna da quasi 30 anni ormai, lo stesso che la sua mano sporca di sangue e terra strappò dal collo di Leonard tanti anni fa.



Tre ore

Di quel giorno non ricorda quasi più niente, ma se una cosa le è rimasta impressa nella memoria è proprio l'ipnotico movimento oscillante che la collana faceva davanti al suo naso: a volte le sfiorava la fronte, a volte le accarezzava le guance. 
Se c'è una cosa che non ha dimenticato in tutti questi anni e che mai dimenticherà è proprio quel ciondolo a forma di croce che si comportò in modo così stridente con il resto della situazione. 

In un lago di sangue, lacrime, dolore, urina, quel ciondolo sovvertì tutte le regole e lo fece accarezzandola delicatamente come a dirle, ci sono io, non ti preoccupare, ora passerà tutto.
Quel ciondolo, quel movimento, quelle carezze le diedero la possibilità di fuggire da quella agghiacciante realtà e di rintanarsi in un mondo piccolo piccolo e tutto suo, in cui riceveva delle carezze sul viso, un solletico sul naso, dei colpetti sulla fronte.
Quel giorno furono il ciondolo e la collana a salvarle la vita.

Leonard naturalmente non si accorse di nulla e nemmeno gli altri due che a turno le furono sopra, o dietro, se qualcuno si fosse accorto di quello che stava succedendo tra lei e la collana, di sicuro l'avrebbe fatta sparire. Perché lei non doveva provare nessun tipo di sollievo.

Per fortuna a toglierla da quel collo fu lei e solo lei e non la sfilò mai più dalla tasca nella quale la nascose, quasi come se avesse sentito da subito che sarebbe dovuta rimanere per sempre con lei, per ricordarle il suo nome, p
er ricordarle chi era e cosa era invece diventata dopo quel giorno.

Erano ormai tre ore che era rinchiusa in quello scantinato e che quei tre corpi si sfogavano con il suo corpo, sul suo corpo, nel suo corpo. Chissà cosa li aveva portati a scegliere proprio lei, chissà se era la prima, sicuramente non sarà stata l'ultima. 

Quando Leonard le propose di andare a finire la serata bevendo qualcosa a casa di un suo amico, non poteva immaginare che sarebbe finita così, che sarebbe finita a sperare di morire pur cercando di rimanere in vita. 
Che poi se fosse morta, pensava, gli avrebbe tolto il gusto di continuare ma nemmeno di questo era poi tanto certa.



L'esercizio era inventare un personaggio. Il corso sempre quello delle Balene

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