venerdì 17 ottobre 2014

4uattro

[Era un lunedì sera, i miei piani erano quelli di rimanere le solite due ore nella stanza durante il corso di scrittura ed invece sono stata spiazzata dalla consegna dell'esercizio che è stata "uscite e guardatevi intorno poi tornate dentro e scrivete".
Io ho fatto un giro di palazzo e mi sono ritrovata a pensare a quanto grandi siano i palazzi a Berlino, più grandi di Roma e di conseguenza quanto più lunghi siano i giri di palazzo.
Io sono cresciuta facendo i giri di palazzo, hanno segnato metro dopo metro il mio diventare grande.
Poi mi sono messa a guardare dentro le finestre, perché qui senza l'abitudine delle tende mi viene spontaneo infilarmi un po' nelle vite delle persone.
Poi sono rientrata ed ho scritto questo.]



Non è la prima volta che mi succede eppure non riesco ancora a gestire la situazione e questo, mi rendo conto, non va bene.
Ora mi rilasso, sorrido, abbasso queste spalle contratte e cerco di capire dove e soprattutto con chi, sono.
Ma lo devo fare in fretta o penseranno che mi stia venendo un ictus, non vorrei mi succedesse come tempo fa che mia madre si spaventò  a tal punto da portarmi all’ospedale.

Comunque ormai dovrei aver capito come funziona: ronzio e ciao. Mi ritrovo di la. O di la. O di la. Dipende.
Da che dipende non lo ho invece  ancora capito e ho la sensazione che non lo capirò mai: non ci sono nessi logici, motivi o spiegazioni, non c’è un prima né un dopo, non c’è niente che scateni tutto questo.
Succede e basta, così come è successo e basta la prima volta.


No, non penso siano state le droghe anche se effettivamente la prima volta ero sotto trip e ci ho messo una quantità di tempo notevole  a capire che mi stava succedendo davvero e che non era la solita allucinazione, non come l’etichetta della bottiglia di birra che mi parla o la tazza per la colazione che mi risucchia la testa o le nuvole che si trasformano in ovatta, mi si infilano nelle orecchie e bisbigliano.

No.
Niente di tutto ciò, io ho semplicemente a disposizione più vite da vivere ed in fondo, è quello che sempre desiderato.
Ogni volta che, per motivi pratici, non sono riuscita a visitare un posto che avrei tanto voluto vedere oppure ho conosciuto una persona con la quale ho sentito un legame forte, quasi viscerale, un’affinità immotivata e non facilmente assecondabile, non mi sono sempre detta: “chissà, forse in un’altra vita?!”

Ecco, ora ho le mie altre vite: devo solo cercare di capire come vivermele senza sembrare una dissociata bipolare in ognuna di esse.

Dimenticate tutti i film che avete visto sull'argomento, perché nelle mie vite non ci sono la cabina del Dottor Who né il ripostiglio del libro di King, ma poi era davvero un ripostiglio? Dovrei rileggerlo.
Nelle mie vite non ci sono strani portali, l’unico portale è nella mia testa. Anzi, forse è proprio la mia testa, a me piace pensare che avvenga una specie di corto circuito tanto per intenderci.


Io sono e resto sempre una donna di 40 anni, il mio nome è sempre Lisa, ho una madre, un padre, una sorella, un cane, un figlio, un marito, una compagna, un migliore amico, una migliore amica, tantissimi conoscenti ma queste persone non rivestono necessariamente gli stessi ruoli nelle stesse vite.
Avete capito? Ovviamente no. Non posso biasimarvi, neanche io capirei.

Comunque, questa che vedete venirmi incontro premurosa e con l’aria di chi sa è Enrica ed in questa vita è la mia compagna. A lei ho raccontato di questi miei –chiamiamoli- salti, di queste mie vite, di questo mio dovermi dividere.  È una delle pochissime persone che ne è a conoscenza, se non altro perché era con me la prima volta che è accaduto.


Quando è accaduto ero nell’altra vita, quella nella quale lei è soltanto la mia migliore amica e all'epoca passavamo tanto tempo insieme, il venerdì sera ad ubriacarci al pub, le chiacchere, le confidenze, lo shopping  e le risate e nessuna delle due aveva mai nemmeno preso in considerazione l’ipotesi  di mettersi insieme ad una donna, anzi, il solo pensiero ci faceva ridere imbarazzate ed invece in quest’altra vita siamo felicemente insieme da anni ed attualmente alla ricerca di un donatore di seme. Lei è gelosa delle mie altre esistenze, tanto che alla fine non le racconto più i dettagli.

I primi tempi invece passavamo giornate intere a parlare delle mie altre vite, di quelle dove lei non è la mia compagna ma, appunto, la mia migliore amica, la mia istruttrice in palestra o la mia dog sitter.
Parlavo continuamente del fatto che in due vite su quattro lei non aveva per me nessun tipo di importanza o comunque, non quell’ importanza.
Ci stava male ed io potevo capirla e soprattutto non avevo niente da dirle per farla stare meglio, quindi abbiamo smesso di parlarne ed ora fingiamo entrambe che vada tutto bene.

Questo invece è Tommaso: il mio migliore amico in questa vita ma anche mio marito, mio zio (sì, lo so, fa un po’ impressione) e il mio psicoterapeuta (e qui Freud si farebbe una bella risata). 


In una sola vita ho un figlio, in un’altra invece sono sterile.  In tre vite su quattro vado in scooter, solo in una vita guido la macchina. In tutte le mie vite fumo.
E così via, tra mille piccole o grandi differenze che ad elencarle non finiremmo più.

Quello che vorrei capiste è che io non posso mai sapere, in nessun momento, cosa accadrà, dove mi troverò, con chi e a fare cosa. Sono passata dalla fila alla posta al fare l’amore in un secondo. Dal ristorante al bagno di casa. Dal silenzio della biblioteca ad un concerto.  E così via.

Le prime volte la mia grande paura era quella di sparire da una vita per andare in un'altra, mi domandavo cosa avrebbero pensato le persone di queste mie sparizioni, non riuscivo ad immaginare le loro reazioni e temevo le conseguenze poi ho capito, anzi Enrica mi ha rassicurata spiegandomi che io in realtà non sparisco davvero, io rimango lì presente fisicamente ed anche mentalmente, solo dopo anni lei ora sa capire quando mi sta per succedere, ha imparato a riconoscere il momento del salto : dice che mi assento per qualche secondo ma bisogna sapere quello che mi succede, per potersene accorgere.

Avete capito ora? Prendete un mazzo di carte, mischiatelo e disponetele sul tavolo. Osservatele. Ora riprendetelo, mischiatelo di nuovo e mettetele nuovamente sul tavolo. Osservatele di nuovo.
Ecco, queste sono le mie vite: stessi personaggi, ruoli diversi.  E mille combinazioni, mille sentimenti, mille sensazioni.

Una sola eccezione: i miei genitori, che sono loro in tutte le mie vite, che mi salvano dalla follia, che sono il mio filo rosso da seguire per non perdermi mai.

E poi me stessa, la mia traballante certezza, quella che si sentiva troppo stretta in una vita sola ed ora si sente quasi sempre persa, saltellando da una vita all’altra.

2 commenti:

  1. Siamo un po' gatti, insomma...
    Devo dire che il discorso "avere più vite" cozza con la mia visione del mondo e dello spirito con cui cerco di affrontare la mia vita attuale (chissà se ne avremo davvero altre da vivere?).
    Mi impongo di pensare che la vita è UNA e che DEVO provare tutto ciò che vorrei in questa unico sprazzo di luce. È un attimo, un battito di mani. Poi scompare.

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    1. Non è escluso che si possa vivere ogni vita come se fosse l'unica. :)

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prego, accomodatevi pure...