giovedì 30 ottobre 2014

Alexanderplatz




Si incontrarono nella stazione della metro affollata. Non avevano un appuntamento, non dovevano vedersi, si incontrarono per caso, per un improbabile caso, viste le dimensioni della città.

Lui la osservò per qualche secondo, la guardò passare, gli sembrò che stesse parlottando da sola, ah no forse canticchia, ha le cuffie pensò, poi la vide sorridere e subito tornare seria a guardare le persone in quel modo strano: che un po’era attraversarle con lo sguardo e un po’ piazzare gli occhi fin dentro le viscere.
Si avvicinò e le mise una mano sul braccio, lei si voltò ferocemente e gli piantò quei suoi occhi vuoti proprio dentro, ma quello sguardo durò un solo secondo perché poi lei pianse.

Pianse continuando a guardarlo, pianse senza muovere  di un millimetro la faccia, senza fare nemmeno una smorfia: gli occhi si fecero larghi e bagnati e le lacrime scavalcarono il bordo sfumato di nero e rotolarono giù.
Lui non le chiese niente e non sembrò nemmeno preoccuparsi ma sorrise e le disse soltanto “hai tempo per un caffè?” poi si incamminò senza aspettare il suo sì ma pensando che se solo fosse stato capace di amare, avrebbe voluto amare lei.
Avrebbe voluto amare quello strano essere che sembra sempre capitato lì per caso e lì era ovunque, che piange e ride in quel modo snervante.

Quell’essere che vorrebbe scuotere forte per sciogliere i suoi pensieri annodati che si vedevano pure da fuori tanto erano aggrovigliati, solo che poi non avrebbe saputo che farsene e allora niente, meglio lasciarli lì dentro, annodati ed innocui.

Lei  lo seguì ma non si tolse mai le cuffie e lui pensò che avrebbe trovato maleducato e sconveniente il gesto se fosse stato fatto da una qualsiasi altra persona ma non da lei.
Perché lei aveva i suoi tempi, le sue emozioni con cui combattere. Lei poteva farlo.
Lei poteva camminargli accanto per ore senza sentirsi in dovere di dire qualcosa solo per spezzare quel silenzio che imbarazza.

E così camminarono. Si camminarono accanto, camminarono uno avanti ed una indietro, camminarono lentamente e poi accelerarono il passo senza dirselo apertamente ma riuscendo a mantenere sempre la stessa distanza.
Poi arrivarono sul ponte e sempre senza dirselo si fermarono.

Lei si tolse le cuffie e le infilò in borsa e lui potè sentire il suo odore e pur sapendo che non l’avrebbe mai toccata, provò per un attimo la curiosità di conoscere la trama della sua pelle, di sentire il caldo sotto i suoi vestiti, il caldo tra le sue gambe.
Che facciamo?” chiese lei chiudendosi una sigaretta. “Guardiamo il fiume” rispose lui distogliendosi controvoglia dai suoi pensieri.





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