martedì 23 settembre 2014

Incipit

Come forse saprete, o forse no, sto seguendo un corso di scrittura creativa in italiano qui a Berlino, per l'esattezza quello di Le Balene possono volare.
Non mi sono vergognata mai di raccontare cose intime e personali ed invece -sorpresa- mi riscopro timorosa nel lasciarvi affacciare all'interno della mia fantasia.
Di immaginare, 
di lasciarmi ispirare.
Guidare.
Insegnare.

Ma mi piace, mi piacciono i miei limiti e le mie insicurezze. Ed ogni tanto, mi piace quello che scrivo.

No, il sole no. Vi prego.

Quando batte il sole lo fa così forte e in maniera così asfissiante che le sembra ogni volta di morire.
Il secchio in cui le lasciano quel poco di acqua sembra ogni giorno più lontano, non sarebbe stupita nello scoprire che non è un caso e che la cosa sia voluta.
Ogni volta qualche centimentro più lontano, così che diventi più faticoso raggiungere quell’acqua putrida eppure indispensabile. Solo un centimentro che però si fa sentire tutto.

Non avrebbe mai pensato che un centimetro potesse significare tanto, se invece la catena che le stringe la caviglia si potesse allentare anche di un solo mezzo centimetro, la pelle non si scarnificherebbe come invece sta facendo. E poi quelle mosche che girano intorno alla sua ferita infetta e che la preoccupano un po’.

Le sbarre della gabbia sono ormai infuocate e la prima volta che è successo, ha urlato e pianto così forte che uno si loro si è mosso a pietà o forse non ne poteva semplicemente più ed ha coperto la gabbia con un grosso telo nero, come si fa coi pappagalli per farli smettere di cantare o parlare.
A lei è piaciuto e quando l’aria iniziava a scarseggiare, poteva avvicinare il naso, scostare un po’ il telo e respirare forte.
Fu una bella giornata quella, poi svenne. E quando si riprese il telo era sparito ed era buio.


Le fanno sempre degli indovinelli prima di darle da mangiare e quando non indovina non mangia: questa è la regola. 


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