giovedì 9 aprile 2015

Aspettative al tramonto

Lei è la solita folle e sapevo sarebbe arrivata con venti minuti di sonno disegnati sulle palpebre. Mi ha sempre strappato un sorriso, lei: così libera, fuori dagli schemi, mentre si mangia la vita in silenzio, con aria sorniona e senza darlo troppo a vedere.
Poggia la borsa a terra e in questo gesto che le ho visto fare mille volte, mi ha sempre ricordato me e la libertà a cui, né io né lei, abbiamo mai rinunciato. 
Saluta gli altri con un cenno del capo, qualcuno penserà che non era il caso di presentarsi con ancora un alone di vodka intorno alla bocca, ma lei se ne fregherà ed io era esattamente così che volevo vederla. 
Prende un Ibuprofene dal fondo di una borsa incasinata, soffia via il tabacco e la manda giù senza acqua né una smorfia.
"È da 600, scema, vacci piano!"
questo vorrei dirle ma so che qualcun altro lo farà al posto mio.

Quella testa biondo cenere che sbuca dalla macchina, anche su di lei avrei scommesso, si appoggia al marito con tutto il peso di un dolore inaspettato e sconcertante. Avevamo altri progetti noi e questo no, nel suo business plan non lo aveva inserito.

Arriva un ragazzo magro,  non capisco...ah sì, me lo ricordo: occhi azzurri che non lasciano venir fuori quasi niente. Lui non mi sarei mai aspettata di vederlo. Sembra triste, forse sta empatizzando col dolore di qualcun altro, succede.
Del resto, anche se per vie molto traverse siamo stati in qualche modo uniti no?

Si salutano, formano un capannello, parlottano, qualcuno prova a sdrammatizzare.
Dai, così mi piacete, so che potete  farcela, coraggio!

E lui? No, lui no. Non ho intenzione di guardare in faccia i suoi pensieri perché li conosco già, non ne ho bisogno. Decido di andare oltre, lo faccio.

Chiacchere a bassa voce, musica, silenzi, qualche frase scontata, sconcerto e un profondo e scurissimo dolore. Che dire?

Al mio funerale non potevo chiedere di più.

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