Lei è la solita folle e sapevo sarebbe arrivata con venti
minuti di sonno disegnati sulle palpebre. Mi ha sempre strappato un sorriso,
lei: così libera, fuori dagli schemi, mentre si mangia la vita in silenzio, con
aria sorniona e senza darlo troppo a vedere.
Poggia la borsa a terra e in questo gesto che le ho visto fare mille volte, mi ha sempre
ricordato me e la libertà a cui, né io né lei, abbiamo mai rinunciato.
Saluta
gli altri con un cenno del capo, qualcuno penserà che non era il caso di
presentarsi con ancora un alone di vodka intorno alla bocca, ma lei se ne
fregherà ed io era esattamente così che volevo vederla.
Prende un Ibuprofene
dal fondo di una borsa incasinata, soffia via il tabacco e la manda giù senza
acqua né una smorfia.
"È da 600, scema, vacci
piano!"
questo vorrei dirle ma so che qualcun altro lo farà al posto mio.
Quella testa biondo cenere che sbuca dalla macchina, anche
su di lei avrei scommesso, si appoggia al marito con tutto il
peso di un dolore inaspettato e sconcertante. Avevamo altri progetti noi e
questo no, nel suo business plan non lo aveva inserito.
Arriva un ragazzo magro,
non capisco...ah sì, me lo ricordo: occhi azzurri che non lasciano
venir fuori quasi niente. Lui non mi sarei mai aspettata di vederlo. Sembra triste,
forse sta empatizzando col dolore di qualcun altro, succede.
Del resto, anche se per vie molto traverse siamo stati in
qualche modo uniti no?
Si salutano, formano un capannello, parlottano, qualcuno
prova a sdrammatizzare.
Dai, così mi piacete, so che potete farcela, coraggio!
E lui? No, lui no. Non ho intenzione di guardare in faccia i
suoi pensieri perché li conosco già, non ne ho bisogno. Decido di andare oltre,
lo faccio.
Chiacchere a bassa voce, musica, silenzi, qualche frase
scontata, sconcerto e un profondo e scurissimo dolore. Che dire?
Al mio funerale non potevo chiedere di più.
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