Erano due ragazzini che facevano l’amore in macchina, i miei
genitori.
Lui operaio, lei commessa in un negozio di libri: 22 e 21
anni.
“Sei bassetta perché
t’abbiamo fatta nella 500” si diverte a ripetere ancora oggi mio padre in
una delle sue mille battute tutte uguali che mi strappano sempre un sorriso, seppur a volte
esasperato.
Ma a pensarci bene ne
ho avuta un’altra di mamma, mia nonna Adriana, bellissima e formosa romana di
Garbatella, con le labbra carnose, la risposta pronta e una profonda
depressione che nessuno mai capì. E che mi amò e coccolò per tutto il tempo che
ebbe.
Si racconta di me che a due anni piangevo di commozione
guardando Heidi, che chiaccheravo troppo e che stavo ore nella libreria dove
mia madre lavorava, seduta a terra a leggere libri che se mi concentro sento ancora l’odore di carta e del legno dei
vecchi scaffali: tutto torna.
E la scuola, dove non ho mai brillato per impegno ma dove sono
sempre stata involontariamente leader. E sì che a me i leader mi sono sempre
stati sul cazzo.
La comitiva, la primavera, il primo bacio dato in chiesa, il
rossetto messo per le scale perché mio padre “se ti becco per strada col rossetto ti lavo la faccia alla fontanella”.
E le amiche che ho fatto soffrire e quelle che hanno fatto
soffrire me e poi, in un pomeriggio d’inverno ecco che arriva lui.
Introverso, timido e sbruffone col CIAO modificato e un
appuntamento al quale è stato in grado di arrivare con 25 ore di ritardo,
sorridendomi ed infilandosi nei miei giorni,e non solo in quelli, per i 6 anni
che avevamo davanti.
Le fughe nella casa al mare, il fare l’amore per la prima
volta davanti al camino tra i cuscini colorati, il prenderci gusto, il non
fermarsi più.
L’essere l’uno per l’altra fondamento e al tempo stesso
distruzione degli adulti che saremmo divenuti un giorno. Lui, che ancora oggi è
una delle persone più folli ed amorevoli che ho nella vita, che solo adesso, dopo
15 anni, posso frequentare senza sentirmi inquieta.
Poi l’improvvisa morte di mia nonna e con lei di una parte
di me ma anche l’affermarsi di una realtà: io non ricoprirò mai il ruolo che la
società proverà ad affibbiarmi, io non rinuncerò a nessun battito del cuore in
nome di nessuna coerenza o stabilità. Io non sarò prigioniera dei miei giorni,
nonna. So che se avessi potuto, me lo avresti fatto promettere.
Poi il primo amore che finisce e il ritrovarmi a 23 anni
convinta di essere ad un passo dalla morte ed invece, posso dirlo? A 23 anni
non si è proprio a un passo da nulla, si è solo una lavagna bianca e c’è soltanto
da pregare che qualcuno ci scriva sopra nel modo migliore.
E via, si vive.
Si esce, si balla, si fuma, ci si droga, si va in coma
etilico, ci si perde, si ascolta la musica, si viaggia, si scopa, si soffre,
quanto si soffre, si scrive, si studia, non ci si riesce molto bene ma si
legge (tanto), si gode, ci si trattiene (poco), si pensa (non sempre), ci si
innamora più volte e c’è sempre un abisso profondo da cui riemergere però santo
dio, che bello è stato affondarci, treni e lacrime sui binari.
Poi si parte per la Spagna e si torna. Poi si parte per
un’isola e si torna.
Poi si incontra una persona diversa dalle solite, una
persona calma, realizzata e serena e ci si dice “perché no?” forse vale la pena
fermarsi con lui, forse l’amore non è sofferenza ma comprensione, condivisione,
serenità. Forse.
Mio padre si ammala. Ah sì? E io mi sposo. No, non c’è un
legame, non cercatelo. Andrò così: al mio matrimonio tenni le scarpe mezzora e
mi vestii di verde.
E poi c’è la vita a Roma che diventa una camera a gas ma c’è
anche una macchina e un “sì, andiamo” e poi c’è Berlino.
Poi c’è un bambino, un maschietto che arriva e se ne riva. O
prova ad arrivare, di sicuro se ne va, una breve visita che diventa la fine dei
miei giorni e subito dopo la possibilità di nascere nuovamente.
Perché nonna, non me la scordo la promessa che non ho fatto
in tempo a farti: nessun ruolo, nessuna categoria.
Quindi ora la mia vita è il contenuto caotico di una borsa
in cui ci sono cose molto preziose e qualche cosa inutile, l’ho rovesciato sul
tavolo e lo sto osservando in attesa di decidere cosa farne.
Di lei e di me.
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