domenica 1 settembre 2013

Frustrazioni linguistiche ed un Erasmus 10 anni dopo.

Quaderni, foglie quasi gialle, calendari, diari, foto da stampare dell'estate, no questo forse  solo anni fa.
 Programmi, corsi, buoni propositi, Capodanno insomma.
Settembre è sempre stato Capodanno per me.
Nella mia precedente vita però. Non ora, non qui (cit.)
Qui è tutto in corso d'opera, qui è quasi autunno, vado a scuola da un mese e tra tre giorni finirà il primo modulo ed inizierà il secondo, ci sono ancora belle giornate ma intervallate da giorni come quello di oggi in cui nuvole e vento ti danno la percezione di quello che succederà per i prossimi, lunghi, mesi.

E per ora l'unico dispiacere è la bicicletta, con la quale sto facendo pace e che mi piace da morire: l'idea di unire un mezzo di trasporto ad un'attività fisica mi esalta.
E fino a che il tempo me lo permetterà, ne approfitterò.

Nella mia vita precedente, domani sarebbe con molta probabilità il primo giorno di lavoro, una ludoteca o dei giorni trascorsi a pubblicizzare i laboratori di teatro, tra il traffico che si chiama sono tornati tutti e un acquazzone che odora ancora di estate. E invece domani m i  aspetta una nuova scuola, con lo stesso gruppo già formato e molto affiatato e le insegnanti fantastiche.
Gruppo di tutte le età e nazionalità nel quale, come è ovvio, si è formato un sottogruppo di persone più affini per età, gusti, voglia di fare nuove amicizie e magari rilassarsi dopo scuola bevendo qualcosa o fumando una sigaretta.
E nel confortevole mezzo di questo gruppo di persone c'è un bel posto pure per me, che mi sembra di conoscerli da tempo, che mi sembra di conoscere le loro paure, i loro desideri, perplessità.
Che mi sembra di conoscere la loro voglia di comunicare, capirsi, raccontarsi, vivendo questo strano periodo in cui siamo adulti ma, per qualche strano motivo, possiamo prenderci il lusso di vivere come ragazzini.

Ognuno con le proprie famiglie, mariti, mogli, figli, pensieri, preoccupazioni, nostalgie, dubbi.

L'unica frustrazione è quella linguistica, perchè questo inglese che fa da collante non lo conosco così bene da permettermi di affrontare un certo tipo di discorsi, intimi, delicati, importanti.

Come quando la ragazza israeliana mi stava raccontando dei suoi due anni di servizio militare obbligatorio e della sua repulsione per le armi. Ecco lì ho ringraziato la mia empatia per aver in qualche modo sopperito alla mancanza di fluidità di parole. Che poi, a ben pensarci, forse è stato anche meglio così. Perchè su quello che ho letto nei suoi occhi o sul modo di saltare in aria per un rumore apparentemente stupido, su quello non ci sarebbe molto da dire.
Per tutto quello che è al di sotto di questo livello di importanza invece, ci si capisce benissimo. Avete mai desiderato tornare a scuola ma con la testa di adesso?! Io sì.
E si è avverato.

2 commenti:

  1. Leggo i tuoi post emozionata e contenta. Mi piacciono tantole cose che de/scrivi. Mi metti lì, accanto, a te e ascolto. Un abbraccio

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prego, accomodatevi pure...