martedì 13 ottobre 2015

Mattoni e Caffè.

Una sedia e un pc sulle gambe.
Vedo le macchine scorrere lungo la striscia d'acciaio che circonda il nostro bancone.
Quello che a breve verrà ricoperto da legno e pagine e che solo chiudendo gli occhi e domandando alla nostra mente un notevole sforzo, riusciremo a ricordare com'è ora. 
Ora che è fatto di nulla, che è un ibrido, come le mura che contengono questi nostri giorni fatti di lavoro, tisane, parole, letture, piani, pianti, delusioni, rabbia, smania, gioia.

Una sedia, un pc sulle gambe e la spazzatura che mi osserva, tanta: calcinacci e buste di plastica, bottiglie e bidoni.
Tra due giorni la porteranno via, dicono.
Tra due giorni si aprirà la danza che ci condurrà alla fine della polvere, della calce e dei muri da abbattere.

Ed io sono qui:  una sedia, un pc sulle gambe, la spazzatura che mi osserva e uno scialle rosso che mi scalda.
Davanti a me una vetrina che tra due settimane verrà buttata giù per lasciar spazio a quella nuova, quella che qualcuno sta già costruendo e che ora giace in una falegnameria, credo polacca.

Penso ai sogni che ci univano, quando noi non eravamo ancora nemmeno pensieri.

Lo stesso sogno che in forme e in momenti diversi piantava il suo seme in tre menti lontane: Roma, Milano, Bruxelles, Berlino. Dove? Non lo so.
Un sogno che un giorno si è svegliato e ci ha guardati dritti in faccia, costringendoci a domandarci: chi sei?

Alle mie spalle il resto di questo posto che inizio ormai a conoscere bene: le pareti che stanno cambiando colore, il cicalino della caldaia, le sedie e i tavoli presi durante un trip in un mercato delle pulci di Lipsia, dove tutto mi sembrava gigante o forse ero solo io ad essere minuscola, stretta in abiti neri che puzzavano di fumo e di ore mai dormite.

Alle mie spalle solo l'idea, bellissima, della forma che questo posto prenderà.

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