domenica 25 maggio 2014

Ricomincio. E da qualche parte bisogna pure farlo.


Non sarà mai una vera blogger e lo dice il fatto che continuo a postare di domenica, col sole, a fine maggio, quando non c'è nessuno davanti al pc.
Ma me ne fotto come del resto ho sempre fatto e stamattina ne ho bisogno.
Vivo di urgenze e cerco di assecondarle tutte, nei limiti della decenza, e lo faccio perché me lo merito.
A volte la gente mi guarda come se fossi fortissima perché dopo sole due settimane, anzi in realtà dal giorno dopo, parlo tranquillamente di quello che mi è successo, del dolore, anche di quello fisico e se l'interlocutore regge e merita, scendo anche nel dettaglio più cruento. 
Ed anche in quello più tragicomico, senza paura di essere fraintesa. 
Però le persone non sanno che spesso tendo a NON parlarne, anzi a NON pensarci nemmeno e che è tutto un esercizio doloroso, il riuscire a farlo.
Se seguissi il mio istinto questa storia verrebbe seppellita sotto una montagna di vita, di nuovi progetti, di cose da fare, musica, parole, cinema, amici, famiglia, amore e feste ma nel mio profondo riconosco la pericolosità di una mossa del genere e la evito, perché nel mio profondo so che il mio (nostro) aborto c'è stato e c'è. Il mio feto malato nella pancia c'è stato ed ora non c'è più e far finta di niente sarebbe costruire un palazzo su un terreno instabile, sarebbe da incoscienti.
Quindi si elabora, e lo si fa come si può. 

Fin'ora non avevo mai avuto il bisogno di rinascere, e non sapevo davvero da che parte iniziare, allora mi sono ascoltata e ho pensato a cosa il mio corpo chiedeva in quel momento, quindi:

Cammino tanto e mangio proteine, bevo due litri di acqua al giorno, la notte mi alzo per fare pipì, ho ridotto i dolci e i carboidrati ma non vedo l'ora di bere qualcosa a base di alcool. Vado da una psicologa bravissima (e questo mi sento di consigliarlo davvero a chiunque senta di non farcela da solo) e voglio dimagrire. Ma voglio anche godermela, sarà dura trovare il compromesso.

E' come se da quel parto che in realtà vivo come la morte di un progetto, io sia nata nuovamente: a 37 anni, sono venuta di nuovo alla luce abortendo il mio tentativo di confermarmi madre.
Di confermarmi, perché lo sono stata madre, anche se per soli quattro mesi, anche se non ho avuto pannolini e notti insonni, sorrisi, latte e gioia infinita sono stata madre a modo mio, per quello che mi è stato concesso, accettando con un'inaspettata serenità la sorte che probabilmente non lo sarei diventata davvero, non a questo giro.
Decidendo con dolore e razionalità, da madre, che non avrei dato la vita ad un figlio malato che forse sarebbe morto poco dopo aver visto la luce o che forse sarebbe sopravvissuto per galleggiare in una non vita senza speranza.
Forse non era il giro giusto. 
Sicuramente non lo era.

E quando dico che la mia vita era bellissima anche prima dell'idea di un figlio, quando dico che la mia vita sarà bellissima anche senza un figlio, lo penso davvero. Non è consolatorio.
Così come la mia vita era completa anche prima del matrimonio: é il mio stare alla larga dalle convenzioni che mi fa vivere sempre pienamente, senza bisogno di essere all'altezza di nessuna aspettativa, né di rispettare passaggi, né niente.
Vivere e basta, vivere quello che viene.

E la mia filosofia un po' cazzona che non merita nemmeno di essere chiamata così, mi ha salvata anche in questo frangente. 

E anche le parole mi hanno salvata: quelle scritte, quelle non scritte, quelle dette, quelle non dette e quelle lette. 


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